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domenica 8 agosto 2010

Io Biancaneve buona così la odio

Ho ascoltato notti cantare.
Chiusa dentro una bara trasparente ho capito che Biancaneve era solo un bluff.
Quando mangi la mela avvelenata, muori.
E di solito è il principe azzurro ad avertela regalata.
Altro che bacio. Il bacio te l'ha dato prima. E pure altro. Poi si è stancato e siccome è anche vile dà la colpa alla strega.
Ma la strega, con tutto il da fare che ha-scappare dai roghi, rincorrere gatti neri, corteggiare il demonio- cosa vuoi che gliene freghi di Biancaneve? Una badante di nani...
Biancaneve è bella, dicono. è pura. è innocente.
Nessuno è innocente, men che meno una che rincoglionisce un guardiacaccia e lo convince a scambiare il suo cuore con quello di un cerbiatto. Dico, un cerbiatto. Un animalino che persino quel nazista di Walt Disney c'ha fatto un film... e lei cosa fa? Imbambola un guardiacaccia, fedele alla regina, e lo convince a mentire per lei. Lei, Biancaneve. E come ha fatto ad incantarlo non essendo strega? Dai, non cercate di imbrogliare noi, che guardiacaccia non siamo.

Ho ascoltato notti sciogliersi.
Trasportare lontano sogni come il vento le foglie. Tutti i sogni fatti di giorno, che sono più resistenti di quelli fatti la notte, perchè li fai ad occhi aperti e li costruisci bene. Li monti, li smonti, li rimonti.
Poi arriva la notte e, ffff, via i sogni.
Sospinti lontano.
Come le navi a vela.
Lontano.

Io l'ho sempre odiata Biancaneve. Con quella faccetta da Maria Goretti e l'aria perennemente stupita. Qualunque cosa vedesse lei faceva “oh”. “oh! Un uccellino!”, “oh! Un coniglietto!” come se un uccelletto o un coniglio fossero la roba più stupefacente del mondo. Vai in qualunque fattoria e ne vedi a carrettate di conigli. È che poi magari ti tocca pure lavorare in una fattoria e, secondo me, la Biancaneve voglia di lavorare....
in vita sua, l'unica volta che ha fatto le pulizie è stata quando ha riassettato la casetta dei sette nani e poi è stramazzata esausta sui loro sette lettini. Ora: quanto poteva essere grande la casetta dei nani? Non avevano neanche i doppi servizi...
E anche i nani. Fossi un minatore, vedi che cosa gli farei a questi che cantano felici “Andiam, andiam, andiamo a lavorar...”. Dopo che hai passato quattordici ore sotto terra, senza sapere nemmeno più che odore ha l'aria, che colore ha il cielo quando è giorno. È sempre nero. Nero sotto. Nero quando esci che ormai è buio ed il sole è scivolato da un'altra parte. Nero dentro i polmoni che non tossisci nemmeno più, scricchioli.
Altro che cantare. Nemmeno più a parlare riesci.

Ho visto notti spegnersi come sigarette.
Notti in cui non c'era nemmeno un cane a parlarmi, in cui anche la favola di Biancaneve sarebbe andata bene, in cui avrei creduto a tutto, persino ai principi azzurri.
Notti in cui ho guardato la pioggia dietro i vetri cadere senza sosta, per ore. Come se anche il cielo stesse piangendo tutte le sue lacrime. Un cielo che assomigliava a me che da ore piangevo tutte le mie lacrime.
Talmente tante da aver paura di dover mettere gli stivali di gomma per poter girare nelle stanze.
Piangere per l'ennesima storia d'amore finita.

Farei uno scambio, potessi.
“io ti do un M. se mi dai un S.”
alcune sono scartine, roba di poco conto, ma ne ho di preziosissime, vere chicche.
Celo, celo, celo. Manca, manca, manca.
Di fintamente contorti e splendidamente egoisti ne ho una serie.
Uomini bambini: ti vogliono come un giocattolo, ma ne hanno già una vagonata e si stancano subito.
Uomini pirati: rubano, essenzialmente rubano.
Uomini poeti: scrivono, essenzialmente scrivono.
Uomini razzo: non fai in tempo a dire “Ah” che sono già nello spazio.


In verità, tutte le favole mi danno sui nervi. Cercano di imbrogliarti sin da quando sei bambina. Cenerentola. La bella addormentata nel bosco. La bella e la bestia... Allora, la storia è sempre la stessa: una fanciulla bellissima, povera e scarognata, vessata da una matrigna altrettanto bella ma di una cattiveria senza confini. Naturalmente, nella storia, appare un tipo belloccio, con l'occhio da marpione e il cavallo bianco. E cosa vogliono farci credere? Che si innamora non della matrigna bellona, scollacciata e disponibile. No, di quella beghina, buona, dolce e remissiva con la faccia da pancotto. Così tu cresci con l'idea che le donne devono essere così: tutte Biancanevi dolci e servizievoli. Ci credi e ti alleni. Senonché la prima volta che metti il piede fuori di casa, ti ritrovi un plotone di belve scatenate che cercano in tutti i modi di portartelo via il principe. Lui, la calzamaglia azzurra, il gonnellino e tutto il resto.

Che poi, questo presunto principe azzurro... L'ho già detto: è lui che regala le mele. Ti imbastisce con parole su parole e quando finalmente sei pronta a mollare gli ormeggi- perché in realtà non aspetti altro- e a seguirlo anche in capo al mondo, lui molla te. E va con la matrigna bellona e scollacciata.

Ho annusato notti di zucchero.
Dolcissime, come caramelle. Notti in cui ho galleggiato come una zattera. Piccola, senza meta, ma sopra il mare, non sotto. Notti in cui tra me e le stelle c'era solo il cielo.
Notti miracolo, in cui tutto è accaduto ed è stato mio.

Ho visto notti nascondersi dalla vergogna.
Le ho viste. Mentre io stavo alla finestra a scontare l'ennesimo sonno mancato. Notti furtive come ladre bambine.
Notti mendicanti, con la mano tesa.
E intanto Biancaneve sta nella sua bara di cristallo... ma non è morta, secondo me. Fa finta. Aspetterà che i nani si levino dalle palle, tirerà fuori il suo completo di pelle, tutto borchie e cerniere, salirà sulla moto che ha nascosto dietro un cespuglio e ciao a tutti: streghe, nani, principi, generazioni di bambine che hanno pensato che le donne dovessero essere così: coglione con una ramazza in mano in attesa di un bacio. Del bacio.
Ecco, così mi sta già più simpatica. La voglio bastarda 'sta Biancaneve. La voglio che taglia la notte con la sua moto rombante. Senza casco, capelli al vento.
La voglio che scappa, senza voltarsi indietro.
La voglio che piega la notte fino a farla diventare giorno.
Così. Lungo una strada deserta, silenziosa e senza curve.
Attorno, la campagna.
Nessun suono, nemmeno un grillo.
Che anche dei Grilli Parlanti non ne possiamo più.

Tratta dal libro 'Cuori di pietra'

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